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Archiviato un anno di governo

da Redazione

Buona prova di stabilità, raggiunti i traguardi volanti Ocse e Moneyval non la firma con l’Italia. Deficitario il tentativo di rilancio dell’economia. Sterile il lavoro del tavolo tripartito.

È andato in archivio il primo anno di governo del Patto per San Marino, ed è giunto il momento di fare il punto della situazione e tracciare un bilancio. Innanzitutto è il caso di soffermarsi su alcune preliminari importanti precisazioni. La prima è che la nuova legge elettorale sta assicurando una tenuta politica alla maggioranza, che quindi ha finalmente i mezzi per governare. La seconda è che, per San Marino, il contesto è decisamente cambiato, e questo ha richiesto un impegno straordinario per superare il contingente ma in particolare per progettare il futuro. La terza, infine, è che questa fase molto impegnativa sarà lunga, e verosimilmente non si esaurirà neanche quando l’Italia firmerà l’armistizio con il Titano.

Considerazioni politiche

Di una cosa bisogna dare merito alla maggioranza in carica: si sta esprimendo in una dinamica di rottura rispetto al passato in termini di tenuta. Dopo dieci anni di instabilità politica, infatti, le variegate forze che compongono il Patto per San Marino (ricordiamo che sono quattro liste per un totale di otto partiti o movimenti rappresentati) stanno procedendo in un’unica direzione, senza grossi scossoni o spinte centrifughe. Cosa che invece è successa in minoranza, con un’importante defezione all’interno del PSD, e la conseguente nascita dei Partito Socialista Riformista per San Marino. Una maggioranza coesa e numericamente forte può permettere di assicurare una certa produttività al Consiglio Grande e Generale. E anche il Congresso di Stato ha avuto l’opportunità di lavorare senza particolari turbolenze politiche.

Finanza a una svolta

Le forze che compongono la coalizione del Patto per San Marino dopo le elezioni del 9 novembre 2008 si sono dovute prendere in mano una bella patata bollente. La crisi mondiale era appena cominciata ed ha portato ad un giro di vite sulla fuoriuscita dei capitali dai singoli Stati. Per il Titano, le bocciature di Moneyval e Ocse (poi trasformate con fatica e grande impegno in promozioni) sono figlie di una politica fatta di rinvii e di poca lungimiranza che parte da molto più lontano. Al Governo in carica non è rimasto che dare vita ad una lunga e affannosa rincorsa che ha portato a tagliare qualche traguardo volante (il blocco dei bancomat scongiurato in gennaio, ma tanto adesso ci siamo sotto di nuovo; la riammissione nella white list e gli accordi richiesti dalla comunità internazionale). Ma la strada è ancora lunga. Sicuramente Banca Centrale di San Marino si sta dimostrando una valida spalla, e anche il sistema bancario e finanziario, malgrado il colpo pesante dello scudo fiscale, sta dimostrando di avere spalle robuste.

Rapporto con l’Italia

Per sottoscrivere un accordo internazionale occorrono almeno due soggetti. San Marino c’è, a questo punto non ci sono più dubbi in proposito. Manca l’Italia. Il perché, ovviamente sottointeso, sembra abbastanza chiaro: lo scudo fiscale. Un accordo oggi rischierebbe di essere un freno al rientro di capitali dal Titano. Ma si tratta di spiccioli in confronto al totale detenuto all’estero che fa gola al Ministro Tremonti (200 miliardi). Anche San Marino ha le sue responsabilità, ma non si può ignorare, in Italia, che la stampa nazionale colpisce ogni giorno il Titano con notizie false e comunque sempre distorte. E che questo atteggiamento rappresenta un atto politico inaccettabile per la comunità sammarinese.

Riforme e provvedimenti

Cosa è stato fatto in quest’anno? I provvedimenti più importanti riguardano l’adeguamento agli standard in materia di trasparenza nei rapporti internazionali (ne citiamo uno solo: la legge antiriciclaggio che ha permesso di avere il semaforo verde dal Moneyval). Iniziative significative, ma che dovranno essere provate dai fatti, riguardano l’ambito ambientale (l’istituzione del Conto energia e dello Sportello per l’energia, l’adesione al Protocollo di Montreal che dovrà essere propedeutica a quello di Kyoto, la cui mancata firma resta una macchia per il Titano). È stato messo in campo anche lo strumento del credito agevolato per le imprese, ma anche in questo caso si tratta di un provvedimento limitato che non può garantire quel respiro di cui necessitano le aziende sammarinesi. Si è promesso inoltre che si metterà finalmente mano alla riforma pensionistica, mentre quella della PA è un work in progress le cui conseguenze si potranno valutare soltanto in seguito.

Il rilancio dell’economia

Questa è forse la nota più dolente. Se si dovesse dare un voto all’operato dell’Esecutivo, la sufficienza per ora sarebbe ben lontana. Si è puntato molto sul tavolo tripartito, ma la montagna ha partorito il più classico dei topolini. I provvedimenti decisi sono ampiamente insufficienti per tutelare le imprese, e di conseguenza i posti di lavoro. Per la salvaguardia dei posti di lavoro non bastano gli ammortizzatori sociali se non si vuole rimanere confinati nell’ambito di fumosi proclami. E l’appello del mondo imprenditoriale a sburocratizzare il sistema, ridurre i costi del lavoro ed adeguarsi alla flessibilità operativa necessaria per competere sui mercati (a partire da quello italiano) è purtroppo caduto nel vuoto, con la complicità dei sindacati. Che, a proposito, hanno finito per annunciare l’intenzione di dare vita ad uno sciopero generale anziché mettere in gioco la loro concreta offerta di miglioramento della competitività del sistema impresa, non tanto per le imprese stesse ma almeno per i lavoratori loro iscritti. In compenso è stato accontentata la Pa, con aumenti salariali ben più alti del tasso inflattivo, salvo poi accorgersi subito dopo che il Bilancio è una valle di lacrime e che forse in questi tempi di crisi è opportuno contenere le spese.

Loris Pironi

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