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Paletti per la riforma della prescrizione

da Redazione

Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera e finiana doc, in una lettera al Corriere della Sera pone chiari e definitivi paletti all’ipotesi di una legge che tagli la prescrizione per i reati e che chiuda, di fatto, molti sospesi processuali anche a carico del presidente del Consiglio.

"Quando ci si accinge a valutare nuove leggi che pongano un limite alla durata dei processi, è importante calare l’astratta previsione nella concreta realtà quotidiana", soprattutto perchè, spiega l’avvocato, "nel maneggiare lo strumento della prescrizione si deve tener conto che non è ordinando sic et simpliciter di ridurre i tempi dei processi che si trasforma un ordinamento arrugginito in una macchina ben oliata ed efficiente". Nel rifare la legge sui temi di prescrizione, quindi, "esiste insomma il fondato timore che, introducendo una soluzione che il sistema non è in grado di sostenere, si porrebbe una pietra tombale sopra una serie di vicende processuali che magari proprio adesso stanno, con enorme ritardo, volgendo al termine". Secondo Bongiorno, dunque, "è necessario che le misure per realizzare il condivisibile obiettivo della riduzione dei tempi dei processi siano accompagnate, se non addirittura precedute, da una serie di interventi concreti volti a mettere il sistema in condizio¬ne di celebrare i processi stessi". "Innanzitutto – prosegue Bongiorno – sgombriamo il campo da un equivoco: coloro che ritengono la prescrizione ‘scandalosa di per sé’ dimenticano che un cittadino non può essere perseguito in eterno; l’esistenza di questo istituto deve quindi essere salvaguardata. Il cittadino ha il diritto di sapere che esiste un termine oltre il quale lo Stato non può più avanzare la propria pretesa punitiva e ha il diritto di conoscere il proprio destino entro un certo lasso di tempo. Lo Stato – scrive ancora la presidente della seconda Commissione di Montecitorio – ha il dovere di celebrare i processi in tempi ragionevoli: la lunghezza danneggia gli imputati, che rimangono impelagati per anni in vicende giudiziarie, sospinti da un rinvio all’altro, e danneggia la collettività e soprattutto chi è vittima dei reati". "In Italia – aggiunge ancora Bongiorno – una legge diretta a limitare i tempi dei processi non avrebbe molte controindicazioni. Certo, sarebbe necessario modulare i termini tenendo conto che le variabili della durata dei processi sono molte: il numero degli imputati e la complessità della materia, per citarne solo due. Sarebbe ad esempio erroneo equiparare un processo per diffamazione a un maxiprocesso per gravi reati, ma con una serie di scrupolosi accorgimenti quei limiti temporali potrebbero tradursi in un ottimo incentivo all’autorità giudiziaria perché sia più sollecita e meglio organizzata. Tuttavia, se è vero che la giustizia oggi è al collasso e povera di risorse, le possibili soluzioni tecniche da sole non bastano". "Ecco perché dobbiamo porci un interrogativo: una riduzione dei tempi di prescrizione dei reati, o l’indicazione di nuovi limiti entro i quali i processi devono essere celebrati, quali conseguenze concrete può avere se prima non si mette il sistema in condizione di celebrare i processi in tempi brevi, compatibili con le reclamate riduzioni di prescrizione? In definitiva, non possiamo non considerare che il sistema giudiziario è paralizzato e che i Tribunali sono afflitti da enormi carichi di arretrati. Chi si confronta con la giustizia sa perfettamente che alcune disfunzioni potrebbero essere corrette con una miglior organizzazione e più impegno da parte dei protagonisti, ma sa anche che la maggior parte dei problemi deriva da carenze strutturali e di risorse. Ed è a queste – conclude Bongiorno – che bisogna innanzitutto porre rimedio, senza trascurare la necessità di aggiornare la disciplina del codice di procedura penale".

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