Home FixingFixing Il mio obiettivo? Fermare l’attimo

Il mio obiettivo? Fermare l’attimo

da Redazione

Sullo Speciale Cultura di Fixing l’intervista di Alessandro Carli a Vittorio Giardi, che da oltre 50 anni fotografa San Marino in ogni suo aspetto ed i tanti personaggi noti in visita sul Monte Titano. Nei suoi scatti il ricordo del grande rispetto dell’ex Presidente Cossiga per San Marino e l’a grande umanità di Sandro Pertini.

‘San Marino la tua isola’

 

“Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge: in quell’istante, la cattura dell’immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale. Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore. Per me fotografare è un modo di capire che non differisce dalle altre forme di espressione visuale. E’ un grido, una liberazione. Non si tratta di affermare la propria originalità; è un modo di vivere”.
Questa la sintesi di Henri Cartier-Bresson, figura mitica della fotografia del Novecento e cofondatore – nel 1947 – della celebre agenzia Magnum. La fotografia non è solo un hobby o un lavoro: è passione, felicità, ricordo. E’ – anche – amore. Un sentimento che riecheggia con vigore e bellezza in Vittorio Giardi, che recentemente ha festeggiato le nozze d’oro con l’immagine.
Un’avventura, quella del fotografo sammarinese, iniziata con un negozio, nel lontano 1957, a Borgo Maggiore. “Fino al 1963 l’ho gestito io, poi ho lasciato per andare a lavorare nei vigili – ricorda Giardi – dove ho prestato servizio per 17 anni. Poiché ero impiegato nell’infortunistica, avevo l’opportunità di scattare fotografie. Nel 1978 ho lasciato i vigili per aprire uno studio a San Marino città, che, nel 2003, ho lasciato a mio figlio. Adesso lavoro solo quando mi piace”.
La fotografia è fermare l’attimo. “Per me è espressione – sottolinea -. Io faccio le foto come un artista dipinge un quadro. Credo che il mestiere di fotografo debba avere alla base la voglia di fare sempre qualcosa di meglio. La foto va avanti, come le idee. Quella fatta va in archivio e subito dopo devi farne un’altra. Quando vado in giro, porto sempre con me la macchina fotografica”.
Vittorio Giardi poi racconta minuziosamente l’evoluzione dell’universo della fotografia dell’ultimo mezzo secolo. “Sono cambiate innanzitutto le attrezzature – spiega – ma non i principi che si celano dietro il gesto, l’atto. Oggi però la tendenza è quella di scattare a raffica. Io invece scatto col dito, un click è una foto”.
Dentro il suo obiettivo si è fermata la Storia del Mondo. “Ricordo il presidente italiano Giuseppe Saragat, che ho scortato in quanto ero vigile. Poi ancora il Papa Giovanni Paolo II, un uomo straordinario. E ancora, Francesco Cossiga e Sandro Pertini. Cossiga, che proprio sul confine ha dato le prime ‘picconate’, faceva fermare l’automobile 10 metri prima ed entrava a San Marino a piedi. E, al ritorno, faceva la stessa cosa. In segno di rispetto. Di Pertini ho un ricordo molto caro: stava arrivando al Pianello, presi la macchina fotografica ma… non lo vidi più. Si era allontanato un attimo per andare a salutare due novelli sposi”.
Ogni fotografo ha alcuni scatti ai quali è particolarmente legato. “Alla fine degli anni Settanta, per cinque anni, tra ottobre e dicembre, ho provato a fotografare il Monte fuori dalla nebbia: volevo fare un manifesto da tenere a casa. Una volta la nebbia era troppo alta, una volta il cielo era troppo grigio… alla fine, ho trovato l’immagine. L’ho scattata con una Hasselblad 6×6, si intitola ‘San Marino la tua isola’. L’ho stampata in formato 60×60 cm. L’ho proposta alla Segreteria al Turismo, ma la rifiutarono. Un giorno ricevo la visita di un dirigente della Turismo e, appena la vede, mi dice: ‘E’ quella è quella che mi serve, voglio fare un poster turistico’. Utilizzando un sistema digitale, è stato allungato il cielo. La foto, verticalizzata, è stata poi presentata ad un concorso dedicato ai poster europei turistici ed è arrivata seconda. E’ stampata in 80 mila copie”.
Un fotografo a 360 gradi, che ha dedicato parte della sua vita anche all’insegnamento.
“Diverse volte mi hanno chiamato nelle scuole. Con esperienza della vita, si insegna più col fare che col dire. Ho tenuto alcuni corsi per ragazzi. Ho fatto costruire una macchina fotografica con una scatola per le scarpe. Creata la stenopeica, ho fatto inserire la carta sensibile, con 40 minuti di esposizione in quanto li ho fatti lavorare in un interno. Erano attenti a ogni minimo particolare. Avevano negli occhi la meraviglia e lo stupore”.

Alessandro Carli

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento