Scudo fiscale, scambio d’informazioni, rapporti con l’Italia. Pier Paolo Fabbri, Presidente di Abs, è stato intervistato dall’Agenzia Dire. Ecco qual è il suo pensiero, in questo momento così delicato.
Lo scambio di informazioni e i rinnovati rapporti internazionali su cui si gioca, giorno per giorno, il futuro di San Marino, “sono più un’opportunità che un ostacolo”. Pier Paolo Fabbri, presidente Abs, associazione bancaria sammarinese pronta ad aggregarsi con la cugina Assobank, traccia le prospettive per il sistema, convinto che sarà in grado di superare anche la dura prova dello scudo fiscale. Al bando ogni vittimismo e “sindrome di accerchiamento”, San Marino deve puntare su trasparenza e innovazione.
È partito lo scudo fiscale ter. Quali rischi corre il sistema bancario sammarinese? Come associazione avete fatto delle stime? E soprattutto, da direttore di banca, lo consiglierebbe ai suoi clienti?
Prima di tutto facciamo chiarezza: la regolarizzazione non interessa le banche sammarinesi. Infatti, come recita la circolare dell’Agenzia delle Entrate, non è consentita per le attività detenute in Paesi extra Ue, quali la Svizzera, Montecarlo e, appunto, San Marino, per i quali è prevista esclusivamente la possibilità del rimpatrio. Ora si tratta di potere utilizzare, come avvenuto in occasione dei due precedenti, il rimpatrio giuridico, uno strumento più agile che non comporta il trasferimento materiale delle attività finanziarie in Italia. Potendo fare quello il problema della regolarizzazione diventa molto relativo. Venendo alle stime, farle è praticamente inutile, oltre che aleatorio. C’è, infatti, una componente emotiva nella scelta che è imponderabile. E non va nemmeno dimenticato che i termini della manovra sono variati fino all’ultimo secondo. In Italia cercano di promuoverlo, hanno tutto l’interesse a far sì che i capitali rientrino, anche perché gli operatori italiani ne hanno un vantaggio molto forte. Che si tratti di banche, professionisti o promotori finanziari guadagnano commissioni significative. Dunque esprimono un parere chiaro e forte, indipendentemente dall’interesse del cliente. Per quello che ci riguarda, come direttore della Bac, il nostro istituto eventualmente esprime delle considerazioni tecniche, che aiutano il clienti a meglio focalizzare il problema e di conseguenza a scegliere autonomamente nel suo esclusivo interesse..
Siamo alla vigilia della fusione delle due associazioni bancarie sammarinesi tra cui, per tradizione, c’è sempre stata una certa rivalità. Per i “piccoli” potrebbe significare mandar giù un boccone amaro? E per i “grandi”?
Non c’è alcuna divisione all’interno del sistema bancario sammarinese, semplicemente ci sono differenze dimensionali. E comunque in questo frangente gli obiettivi e le finalità sono assolutamente condivise. Due associazioni sono un di più perché, in sostanza, non ci sono mai state prese di posizione divergenti. Certo, il processo di aggregazione poteva essere più agile. Sono inoltre sicuro che quelle che più godranno dei maggiori vantaggi saranno proprio le banche piccole. Se il sistema riesce, infatti, a mettere a fattore comune risorse e investimenti in una prospettiva di sviluppo è un vantaggio per tutti. In primis per i piccoli istituti, anche se non mi piace enfatizzare troppo questa distinzione. Ripeto: c’è una comunanza di obiettivi che non condiziona minimamente quelli che sono gli aspetti concorrenziali interni.
Veniamo agli accordi con l’Italia. Ne conoscete i contenuti? Qual è stato il vostro contributo e quali sono i pro e i contro della firma? Crede, inoltre, che ci sia una certa ritrosia da parte italiana, forse dovuta al fatto che l’evasione fiscale non sia reato penale a San Marino?
In primo luogo non credo che ci sia ritrosia da parte dell’Italia. Anzi, sono convinto che abbia appoggiato l’accreditamento di San Marino a livello internazionale (promozione Moneyval, ingresso in white list- ndr). Detto questo, perché il Paese sia praticamente riconosciuto come collaborativo occorre un decreto, di Tremonti, che ufficializzi il nostro ingresso nella whit list italiana. Per quanto concerne il contenuto degli accordi, il sistema bancario si confronta con le istituzioni da anni e ha avuto la possibilità di dare il proprio contributo. Il fatto che San Marino classifichi come reato l’illecito fiscale solo all’avvenire di alcune condizioni, non credo che tocchi minimamente i termini delle intese. Quello che all’Italia, come all’Europa e all’Ocse, interessa è che San Marino sia collaborativa sullo scambio di informazioni e in questo senso ci siamo impegnati. La nostra posizione è assolutamente allineata con quelle che sono gli impegni assunti dai Paesi Ocse. E un’altra cosa voglio sottolineare. Gli accordi internazionali portano più aspetti positivi che negativi. È ovvio che il sistema deve esprimere una capacità di innovazione e di evoluzione secondo i modelli che nel mondo si sono affermati. Un’evoluzione dovuta, vorrei dire, all’interno della quale gli accordi contro le doppie imposizioni rappresentano più un’opportunità che un ostacolo nel medio periodo. Ci sono delle opportunità, dei fattori di competitività che rendono San Marino attraente. Il nostro appeal, anche grazie agli accordi, aumenterà e non sarà più basato sull’evasione fiscale, che comunque di suo è un illecito, amministrativo o penale che sia, ottimizzando il differenziale fiscale quale fattore di competitività.
Il nuovo governo è ormai insediato da quasi un anno. E può vantare nel suo curriculum due risultati internazionali: l’uscita dalla procedura rafforzata Moneyval e l’ingresso in white list. Ci dà un giudizio su questi 10 mesi di amministrazione?
Il governo ha sicuramente profuso uno sforzo notevolissimo, ma certo le banche non hanno giocato un ruolo banale: sono scese in campo pesantemente sia per favorire la chiusura degli accordi sia per quanto riguarda il mantenimento del sistema nella rete dei pagamenti italiana. C’erano una serie di aspetti tecnici che solo le banche potevano risolvere. Inoltre abbiamo sostenuto le scelte di campo dell’esecutivo che per noi erano dovute e indispensabili. La capacità di rapportarsi verso l’esterno e lo sforzo per normalizzare le relazioni hanno portato dei fatti positivi. Tra questi, sottolineo l’importanza di essere rimasti nel sistema dei pagamenti italiano, che non era assolutamente scontato. Esserne fuori avrebbe portato conseguenze devastanti, molto più pesanti di qualsiasi scudo. Insomma, San Marino ha fatto moltissimo, sia in termini di evoluzione del quadro normativo sia in termini di normalizzazione delle relazioni internazionali. Però c’è ancora molto da fare.
E ora? Come vede il futuro per San Marino? Si riuscirà a mantenere il livello di benessere raggiunto?
Con Banca Centrale e con il nuovo presidente, il professore Biagio Bossone, è stata lanciata una stagione nuova nei rapporti con le banche commerciali. Bossone si è fatto promotore di iniziative e scelte chiare e importanti che vanno nella direzione di un rapporto collaborativo tra l’organo di vigilanza e chi invece è sul mercato, le banche commerciali. Stiamo lavorando assieme per interpretare i punti di forza da sviluppare e le criticità da rimuovere dal sistema, per renderlo moderno. Il governo, nella relazione sullo stato e le prospettive del sistema, ha messo l’accento sui fondi comuni d’investimento, sui trust e sulle assicurazioni. Si tratta sicuramente di punti di forza che non hanno espresso tutte le loro potenzialità: su di essi c’è veramente ancora tanto da fare. E poi non si deve mai smettere di innovare e cambiare. Oggi più di ieri non possiamo sederci su un modello di banca che viene superato minuto dopo minuto. La finanza, e la crisi attuale ce lo insegna, è al servizio dell’economia reale. Dunque credo che il sistema, a San Marino come altrove, trovi la sua ragione di esistere, i suoi punti di forza e i driver su cui svilupparsi nell’economia reale. Se perciò il Paese sarà in grado di essere attrattivo rispetto alle iniziative imprenditoriali, creando una situazione ambientale adatta perché le imprese possano attecchire e svilupparsi, saranno garantite condizioni di sviluppo per l’intero sistema economico. Questo significa infrastrutture in senso lato, mercato del lavoro, sistema della giustizia, e via dicendo.
E l’esecutivo cosa deve fare da questo punto di vista?
Il governo deve creare delle condizioni “ambientali”, istituzionali e strutturali, che permettano all’imprenditore di decidere di venire a fare impresa a San Marino piuttosto che da un’altra parte. Residenze, permessi di soggiorno, mercato del lavoro più aperto; occorre favorire la venuta di professionalità di una certa levatura. È chiaro che dal punto di vista fiscale e previdenziale San Marino è penalizzante per persone che portano rilevanti professionalità e quindi vengono remunerate in un certo modo. Da noi c’è ancora l’aliquota marginale del 50% sul reddito delle persone fisiche e la pensione massima è di 42 mila euro lordi. Un professionista che ne prende qualche centinaio di migliaia all’anno a queste cose guarda.
Per quanto attiene invece alle inchieste della Procura di Forlì che hanno coinvolto prima Asset Banca e poi la storica Cassa di Risparmio, ci dà un suo giudizio su queste vicende?
C’è poco da dire. Si devono esprimere i giudici, non i banchieri. E poi non ho nessun elemento oltre a quanto letto come voi sui giornali. La Guardia di Finanza ha un severo atteggiamento generale che si rivolge a tutti in Italia, volto a contrastare l’evasione fiscale. Noi siamo abituati a guardare al nostro orticello e ci sentiamo attaccati. Ma se facciamo un’analisi di come si muovono le Fiamme Gialle anche in Italia, capiamo che non c’è nulla di particolare nei confronti del Titano. Dobbiamo smetterla con la sindrome da accerchiamento e fare le cose come vanno fatte a casa nostra.