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Calano le entrate stretta sulle spese

da Redazione

Intervista di San Marino Fixing al Segretario Gabriele Gatti, a tutto tondo: “I 100 milioni di mancati introiti? Meglio essere prudenti”. Anche se, secondo i calcoli di Fixing, il calo dovrebbe attestarsi attorno ai 70-80 milioni. Sempre secondo il Segretario, la firma con l’Italia “è finora rallentata dai primi esiti dello scudo fiscale”.

Sembrava già arrivato l’inverno, all’improvviso, e invece il vento spazza le nubi. È un pomeriggio tranquillo per le vie del centro storico. Due persone passeggiano lente per Contrada Omerelli, e anche a Palazzo Begni regna la quiete. È già un risultato, dopo l’attività frenetica degli ultimi mesi. Una stretta di mano e il Segretario alle Finanze Gabriele Gatti ci accoglie nel suo studio. Sorride sulla poltrona comoda, uno sguardo al grande schermo del computer dove si tiene aggiornato su quello che di San Marino dicono in Italia, ma soprattutto i sammarinesi, i peggiori detrattori. Ma di questo ne parleremo in seguito. La lunga conversazione col Segretario di Stato comincia analizzando le previsioni di bilancio. E il sorriso già perde – più che impercettibilmente – la sua vivacità. La scorsa settimana infatti si era parlato di una probabile contrazione delle entrate di circa cento milioni di euro, mentre si procede verso un Bilancio che presenterà inevitabilmente un buco di 40-50 milioni. Che sono tanti, per una realtà piccola come quella sammarinese. A dire il vero qualche cosa in questi numeri non torna: o i 100 milioni sono una previsione molto pessimistica, o i 50 milioni di buco sono una previsione troppo ottimistica. Noi propendiamo per una via di mezzo: il calo delle entrate sarà verosimilmente meno drammatico, potrebbe attestarsi sui 70-80 milioni, e allora si potrebbe arrivare anche ai 40-50 milioni di buco ipotizzati.

“Si parla comunque di previsioni – ricorda giustamente il Segretario Gatti – ed è una premessa importante. Gli indicatori parlano di una diminuzione dell’ordine del 18-20% di monofase e dazi doganali, e una diminuzione ancora più sensibile per quanto riguarda l’Igr. Si tratta di un calo che deriva dalla crisi generale, la cui onda lunga farà sentire i suoi influssi anche nel 2010, un calo che abbiamo calcolato complessivamente in circa 100 milioni. Vorrei rimarcare ancora una volta però che si tratta di previsioni pessimistiche, perché in questi casi è sempre meglio essere molto prudenti”.

Calano le entrate, si riducono le spese. Un passaggio automatico. O no?

“Proprio così. A fronte di questa non facile situazione dobbiamo fare economia. Abbiamo previsto tutta una serie di tagli che, sull’ammontare delle varie proposte che erano state formulate sulla base del passato, ci permettono di incidere per circa 14-15 milioni di euro, che non è poco in una struttura di bilancio così rigida. Abbiamo puntato sulla riduzione delle spese del personale del settore pubblico allargato, una scelta indubbiamente non facile ma necessaria”.

Rifacendoci al trend degli ultimi anni che ha visto le spese aumentare mediamente del 4-5% ogni anno, sempre che non ci siano elementi di rottura rispetto al passato, secondo le nostre stime si rischia di arrivare ad una spesa aggiuntiva di circa 30 milioni di euro che, se confermata, si andrebbe a sommare ai già citati cento milioni di minori entrate. La ritiene una stima verosimile, oppure avete studiato qualche formula per contenere le spese?

“Diciamo che stiamo lavorando seriamente per non aumentare le spese anche nel 2010. Come? Operando scelte ben precise sui contributi, sulle consulenze, su un piano mirato di investimenti anche se cercheremo di non andare a ledere questa voce, che riteniamo importante per il rilancio”.

Sembra una quadratura del cerchio molto difficile; anzi, onestamente, sarebbe da ritenere un mezzo miracolo. Recentemente lei ha auspicato il contenimento della spesa corrente, che, fra l’altro, Fixing considera un passo vitale per il Paese a medio termine. L’auspicio è quello di ridurre il costo della PA di almeno il 2 per cento. Come contate di riuscirci?

“Ci sono due condizioni base per riuscire davvero a ridurre la spesa corrente. La prima è che la politica riesca finalmente a superare le vecchie logiche clientelari e sia capace di creare un progetto rigoroso, impostato su concetti privatistici e manageriali: così nel breve si possono anche creare degli scontenti, ma alla fine sono certo che i risultati possano essere lusinghieri. In questa ottica, ritengo che la riforma della Pa sia una valida base di partenza. La seconda condizione è che si riesca a dare corpo concretamente ad un programma economico di ampio respiro, che offra opportunità importanti per i giovani, che sappia dargli giusti stimoli per acquisire professionalità, per aprirsi. Vorrei che si arrivasse ad un punto in cui, per un giovane, fare il ragioniere all’Ufficio tributario o in un altro ufficio dello Stato, in una banca oppure in un’azienda privata comporti di base uguali diritti e uguali doveri. L’aspirazione ideale è che si arrivi ad un contratto unico, e che a fare la differenza siano le capacità, con i migliori ad essere premiati. Certo, come dicevo, è la politica che deve essere in grado di innescare questa svolta”.

Dopo le sue affermazioni sui dipendenti pubblici che non devono pensare solo alle vacanze è scattato inevitabile il parallelo con il Ministro Brunetta.
“Ah, Brunetta. Per quello che ha detto e che sta facendo, il Ministro mi pare molto apprezzato. Questa è la dimostrazione che se si fanno le cose seriamente, e soprattutto si pongono uguali condizioni per tutti, alla fine la scelta paga e la gente apprezza. Perché sono le disparità che generano le polemiche”.

La situazione di San Marino, oggi non è facile: la ricaduta della crisi sul comparto produttivo, la difficoltà del settore del credito, le conseguenze dello scudo fiscale… Lei si sente ottimista, malgrado tutto?

“Con la crisi internazionale, la crisi che ha colpito il sistema finanziario sammarinese, le vicende della Cassa di Risparmio (un nodo cruciale per noi), lo scudo fiscale? Poiché dobbiamo fare i conti anche con scelte epocali e con un Bilancio che presenterà un deficit grave sia pure governabile, no, è ovvio, non posso dire di sentirmi contento di questa situazione. Però…”

Però?

“Però ho riscontrato che il Paese ha avuto grandi capacità di reazione, devo dire anche di sopportazione. Ci sono stati attacchi violenti nei confronti di San Marino, sono stati messi in discussione istituti storici e addirittura il futuro di certe attività. Ma i sammarinesi hanno avuto una reazione positiva, si sono rimboccati le maniche, hanno capito che stiamo lavorando per gestire questi momenti drammatici”.

Parliamo di rapporti con gli organismi internazionali. San Marino ha conseguito due importanti risultati, l’uscita dalla procedura rafforzata del Moneyval e l’ingresso nella White list dell’Ocse. Eppure dall’Italia non allentano la morsa.

“Ci sono accuse che vengono lanciate contro di noi quasi per partito preso, ma il fatto è che gli attacchi maggiori ce li facciamo da soli”. Il Segretario Gatti accende il computer e scorre su internet le notizie riportate dai siti sammarinesi. “Le faccio un esempio. Vede le dichiarazioni di Befera, Agenzia delle Entrate? In un’intervista ha dichiarato che Paesi come San Marino e la Svizzera non possono fermarsi ai dodici accordi siglati. Ma questo noi lo diciamo da tempo, e infatti abbiamo reso noto ufficialmente diverso tempo fa tutti gli accordi che stanno per essere conclusi. Eppure i nostri siti internet, i nostri giornali, che poi vengono letti e ripresi in Italia da chi ci attacca, parlano di ‘intervento durissimo da parte di Befera’. Ecco, invece sarebbe questo l’attacco di Befera?”

Effettivamente l’autoflagellazione sammarinese meriterebbe di diventare proverbiale. Quando però arriverà la ‘madre di tutte le firme’, ovvero quella con l’Italia, nessuno avrà più nulla da obiettare sulla qualità degli accordi internazionali di San Marino. A proposito, quando arriverà? Ci sono due correnti di pensiero: c’è chi dice che siete voi che non volete firmare e chi sostiene che l’Italia non firmerà sino a che non saranno rientrati i capitali sotto lo scudo.

“I due accordi con l’Italia sono già stati parafati, mancano solo le firme dei due responsabili della politica estera. A voler essere malizioso devo dire che i primi esiti dello scudo fiscale hanno un po’ rallentato queste firme…”.

Firme che, aggiungiamo noi in base a informazioni piuttosto attendibili, se non sopraggiungeranno sorprese potrebbero arrivare già in tempi molto brevi, ben prima che lo scudo fiscale esaurisca il suo compito.
Loris Pironi
 

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