In un Pd che corre come un treno in fiamme verso le primarie, si innesca la polemica sul caso Binetti. In gioco tra i tre candidati (ma soprattutto tra i veri antagonisti, Franceschini e Bersani) c’è il primato della laicità. Intanto si sprecano le bordate, comprese quelle (alle Iene) tra Franceschini e D’Alema. E chissà Berlusconi chi vorrebbe veder vincitore…
Nel Partito Democratico cresce la tensione in vista della volata a tre per la Segreteria. Alla vigilia delle primarie, come non bastasse, è esploso, letteralmente, il “caso Binetti”, la deputata teodem del Pd che ha contribuito ad affossare la legge sull’omofobia (cui la maggioranza, ma non in blocco, ha votato contro perché ritenutaincostituzionale) di cui era relatrice la sua campagna di partito, Anna Paola Concia (nella foto).
Durissima la reazione di Dario Franceschini, ancora per ora leader del Pd: ”E’ una cosa molto grave perché su questi temi non ci può essere libertà di coscienza dentro un partito. C’è di sicuro un problema rispetto all’appartenenza della Binetti al Pd”. Il segretario del Pd ha ribadito, ieri in serata, ospite della trasmissione ”Exit” di La7, la sua posizione: ”Votare a favore di un’aggravante legata a chi commette un reato contro la persona per motivi di discriminazione sessuale è una prova di fedeltà ai valori del Pd. Ora ci saranno organi di garanzia del partito che decideranno sulla Binetti”. Al di là del caso in sé, e dell’opportunità o meno di votare con la maggioranza, nel Pd torna dunque d’attualità la necessità di “controllare” i voti da parte del partito, cosa che non sempre riesce. Un problema che si lega ad un altro recente episodio, le assenze – più che ingiustificate, ingiustificabili – al momento del voto che avrebbe potuto far saltare il decreto contenente lo scudo fiscale.
Ma sul caso Binetti la posta in gioco non è la “semplice” libertà di orientare il proprio voto, senza stare ad ascoltare i vertici del partito. La deputata in questione infatti è stata voluta da Francesco Rutelli, ex presidente della Margherita, nelle liste del 2006, proprio per la peculiarità del suo radicalismo cattolico di aderente all’Opus Dei che però sceglieva il centrosinistra. E malgrado i problemi interni, la perdita di consensi, la fragilità delle alleanze, alla fine è sulla partita del laicismo del Pd che si giocherà probabilmente la corsa alla Segreteria. Così almeno la pensa il “reggente” Franceschini, che a dieci giorni dalle primarie del 25 ottobre che eleggeranno il nuovo segretario del Pd non vuole lasciare spazi a Pierluigi Bersani e Ignazio Marino neppure sui temi della laicità e dei diritti civili. Anzi, dopo i molti applausi ricevuti nel corso del suo intervento all’Assemblea costituente di domenica scorsa, è ancora convinto di poter ribaltare l’esito del Congresso tra gli iscritti che ha premiato Bersani con il 55% e gli ha dato il 37%, riservando a Marino l’8%.
La strategia di Franceschini e dei suoi sostenitori è quella di evocare il fantasma di Massimo D’Alema come il principale sostenitore di Bersani: quindi, chi vota Bersani sceglie il ”vecchio” con l’aggravante di dare una mano a chi ha affossato la segreteria di Walter Veltroni, mentre chi sceglie l’attuale segretario del Pd ribadisce la novità del progetto originario del partito contro le burocrazie interne.
Franceschini è convinto che questa strategia, una sorta di referendum pro o contro D’Alema, possa dare i suoi frutti tra ”il popolo delle primarie”. Tra gli elettori, come di certo non avviene tra gli iscritti al Pd, l’ex ministro degli Esteri potrebbe non risultare simpatico in quanto sinonimo di un inamovibile gruppo dirigente al vertice da troppe stagioni.
Lo scambio di battute tra Franceschini e D’Alema conferma la tensione tra i due. Nell’ultima puntata de Le Iene, su Italia1, è stato chiesto al segretario in carica ”Cosa non le piace di Bersani?”, e Franceschini ha replicato pronto: ”D’Alema”, ha replicato Franceschini. E alla successiva domanda, ”perché Veltroni si è dimesso?”, la risposta è stata ancora piu’ polemica: ”Per il fuoco amico. E D’Alema c’entra, c’entra”.
”Non voglio uno scontro con Franceschini, non mi interessa, non è giusto. Trovo solo curioso che un segretario di partito per andare sui giornali abbia bisogno di attaccare me. E’ una delle ragioni per cui è meglio cambiare segretario”, ha risposto D’Alema a questa strategia dell’avversario di Bersani.
L’altro punto di attacco di Franceschini riguarda le primarie. Mentre Bersani (come D’Alema) ha più volte espresso i suoi dubbi su un faragginoso meccanismo che può produrre due risultati diversi (uno tra gli iscritti, un altro tra gli elettori), il segretario in carica assicura che in caso di rielezione non metterà mano a una riforma dello statuto. E’ una posizione che risulta popolare tra chi ha un rapporto più labile degli iscritti con il Pd e si limita a votare il partito alle elezioni.
I sostenitori di Bersani, più preoccupati via via che ci si avvicina al 25 ottobre, rispondono aumentando la mobilitazione nei territori e tra le file del partito in nome di un più radicato socialmente Pd e della riapertura di una stagione di alleanze contro l’isolazionismo che sarebbe stato praticato da Veltroni e Franceschini in nome della cosiddetta ”vocazione maggioritaria”.
Intanto, quello su cui alcuni riflettono oggi, è sapere chi Berlusconi vorrebbe che vincesse questo triello – per dirla alla Sergio Leone – all’ultimo sangue. Con Franceschini infatti si seguirebbe la linea di antiberlusconismo che infiamma oggi il confronto politico (anche su piani diversi da quello meramente politico), con Bersani – che oggettivamente è l’altra unica vera alternativa – invece pronto a dialogare con un arco più ampio di potenziali alleati, dall’Udc all’estrema sinistra pronta ad essere riesumata, ma forse anche ad un confronto più pacato con il centrodestra. Che probabilmente sarebbe un bene per il Paese, ma che farebbe riprendere quota agli antagonisti del Premier. Senza contare il fatto – che per gli antiberlusconiani avrebbe un certo peso – che l’ammaina bandiera di Franceschini sarebbe sbandierato dal Presidente del Consiglio come l’ennesimo scalpo da appendere alla cintura, dopo i vari Rutelli, Prodi, Veltroni e co.
Forse anche questi potrebbe essere argomento di riflessione per chi dovrà nominare la nuova guida del Partito Democratico.
E’ stato intanto deciso che venerdì 16 ottobre alle 15 si terrà il confronto televisivo tra Bersani, Franceschini e Marino. Sarà trasmesso in diretta dalle tv satellitari youdem.tv e Red che lo replicheranno più volte. A porre le domande saranno due giornalisti di fronte a un pubblico di centocinquanta persone egualmente distribuite tra le tre mozioni.