Yes, he can. Mutuando l’ormai celeberrimo slogan elettorale, dal plurale al singolare, lui può. Può essere, prima ancora di fare. Il lui in questione è Barack Obama, nuovo premio Nobel per la pace. Il riconoscimento è stato assegnato al Presidente degli Stati Uniti d’America, citiamo testualmente, "per i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli".
Yes, he can. Mutuando l’ormai celeberrimo slogan elettorale, dal plurale al singolare, lui può. E il lui in questione è Barack Obama, nuovo premio Nobel per la Pace. La notizia è stata lanciata alle ore 11 in punto dal sito ufficiale del Premio Nobel: il riconoscimento è stato assegnato al Presidente degli Stati Uniti d’America, citiamo testualmente, "per i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli".
Vogliamo a provare a fare un ragionamento critico? Barack Obama è stato “incoronato” dalla Reale Accademia che assegna il Premio Nobel tre giorni dopo aver svicolato da un possibile incontro con il Dalai Lama (Premio Nobel nel 1989), a Washington per un giro di incontri politici – CLICCA QUI PER LEGGERE LA NOTIZIA CORRELATA – In realtà il Dalai Lama ha spiegato di non essersela presa per questa decisione di opportunismo politico, in quanto Barack Obama gli avrebbe assicurato che incomincerà ad interessarsi concretamente della questione tibetana dopo la propria visita a Pechino, prevista nel mese di novembre.
Se non siete ancora sufficientemente scettici su questa decisione, si può anche ricordare che Obama è il Presidente di una nazione che ha i suoi militari impegnati da anni in Afghanistan, e il ritiro delle truppe anche dall’Iraq, dove gli statunitensi non sono propriamente visti da tutti come dei liberatori, è ancora di là da venire.
Ma l’impegno del Presidente USA per una nuova politica del dialogo con il Medio Oriente (come è gestita finora il delicato rapporto con l’Iran, l’impegno per una soluzione definitiva per la polveriera dei rapporti israelo-palestinesi) e anche il non facile approccio con l’ombra nucleare rappresentata dal regime di Pionyang è sicuramente ammirevole. Forse il Premio Nobel potrebbe essere meritato, o forse essere considerato in qualche modo ancora prematuro. Comunque sia la Fondazione Nobel glie l’ha assegnato all’unanimità. Il presidente della commissione norvegese per il Nobel, Thorbjoern Jagland, ha spiegato che la commissione ha riconosciuto gli sforzi del presidente statunitense, meno di un anno dopo l’insediamento alla Casa Bianca, per ridurre gli arsenali nucleari e lavorare per la pace nel mondo. "Obama ha fatto molte cose" ha detto Jagland durante la conferenza stampa a Oslo, "ma è stato riconosciuto soprattutto il valore delle sue dichiarazioni e degli impegni che ha assunto nei confronti della riduzione degli armamenti, della ripresa del negoziati in Medio Oriente e la volontà degli Stati Uniti di lavorare con gli organismi internazionali". "Molto di rado una persona è stata capace di dare speranza in un mondo migliore e di catturare l’attenzione del mondo quanto è riuscito a Obama" si legge in una nota della commissione. Rispondendo alle domande dei giornalisti, Jagland ha ammesso che l’ambiziosa agenda del presidente Usa deve fare i conti con l’impasse in Afghanistan, con la crisi nucleare iraniana e con lo stallo in Medio Oriente, ma ha anche evidenziato il grande successo dell’unanimità raggiunta in Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla risoluzione per un mondo libero dalle armi atomiche.
Detto questo dobbiamo rilevare che Barack Obama è entrato a far parte di una prestigiosa compagnia. Il primo presidente afroamericano degli Stati Uniti d’America trova posto insieme a Martin Luther King (premiato nel 1964), a Mr. Diplomazia, ovvero Henry Kissinger (1973), spalla a spalla con una donna che oltre al Premio Nobel (ricevuto nel 1979) con il suo impegno per gli ultimi si è guadagnata un riconoscimento ancora più alto, Madre Teresa di Calcutta, proclamata Beata nel 1993 da Papa Giovanni Paolo II. E ancora Obama in questo club esclusivo si trova in compagnia di un altro Presidente di colore, che ha dedicato la propria esistenza a combattere il razzismo, e al quale probabilmente deve indirettamente qualcosa: Nelson Mandela, premiato nel 1993. Sempre andando in cerca di correlazioni nel 1994 a vincere il Premio furono Yitzhak Rabin (Israele) e Yasser Arafat (Olp), per il loro impegno a risolvere l’eterno conflitto tra i rispettivi popoli (la stessa “missione” che si propone Obama, guarda un po’). E poi hanno avuto l’onore del Nobel, un altro presidente USA (Jimmy Carter, 2002) e un vicepresidente (Al Gore, 2007). Entrambi democratici, come Obama.
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