Sono 11 ricette a mettere nei guai Alberto Ravaioli, oncologo e sindaco di Rimini. Undici ricette sulle 3126 passate sotto la lente d’ingrandimento dai carabinieri dei Nas. L’inchiesta “Farmamarket” vede indagate 43 persone, di cui 38 medici. Di questi, 8 lavorano all’ospedale Infermi di Rimini.
Sono 11 ricette che portano la firma dell’oncologo Alberto Ravaioli a mettere in difficoltà l’Alberto Ravaioli politico, sindaco di Rimini. Undici ricette in un elenco lunghissimo, composto di ben 3126 prescrizioni mediche che gli investigatori ritengono non veritiere. Sono otto i medici indagati per falso ideologico e truffa, in concorso, nell’ambito dell’inchiesta denominata Farmamarket, fatta partire un anno fa dai carabinieri dei Nas agli ordini del colonnello Pierluigi Felli. Tra gli indagati ci sono 43 persone, di cui 38 medici. Oltre alla figura di Ravaioli, marginale nell’inchiesta ma decisamente importante sotto il profilo politico, spicca la figura del dottor Michele Benedetti, del reparto di Radioterapia del dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Infermi, dipartimento di cui fa parte anche Ravaioli come direttore del reparto di Oncologia e Oncoematologia.
Dato che l’indagine terrà banco anche nei prossimi giorni, proviamo a fare il punto sulla situazione in merito a questa truffa da un milione e 200 mila euro ai danni del servizio sanitario nazionale, per cui sei persone sono finite agli arresti domiciliari.
La truffa sarebbe stata perpetrata attraverso l’emissione di ricette fantasma mai recapitate a pazienti ignari o in alcuni casi addirittura deceduti. Tra le ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari, due sono a carico di manager della Italfarmaco, azienda farmaceutica milanese leader a livello nazionale attorno a cui ruota tutta la vicenda, tre farmacisti e un informatore scientifico del farmaco, con l’accusa di associazione per delinquere e truffa ai danni dello Stato. Nell’indagine sono coinvolti a vario titolo numerosi medici, la maggior parte dei quali (25 in tutto) è dipendente del policlinico Sant’Orsola di Bologna.
Tra i medici iscritti sul fascicolo – aperto dal pm Enrico Cieri – risulta anche il sindaco del Pd di Rimini, Alberto Ravaioli, nella sua veste di primario di Oncologia dell’ospedale Infermi. Secondo l’ipotesi degli investigatori Ravaioli potrebbe avere compilato ricette fittizie e per questo dovrà rispondere del reato di falso ideologico. Altri medici – non più di sei per il momento – sono accusati anche di corruzione perché avrebbero ricevuto regali e rimborsi di viaggi in cambio della loro compiacenza.
Più complicata sarebbe la posizione di Benedetti, indagato – a quanto risulta – per associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale ma anche di corruzione, perché sarebbe stato ricompensato da Italfarmaco in cambio di ricette fasulle.
Anche per lui la Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari rifiutati però dal gip bolognese. Benedetti, secondo la Procura bolognese, avrebbe ricevuto in cambio dei suoi favori il pagamento delle spese necessarie per partecipare ad un corso triennale di agopuntura. Il radioterapista avrebbe truffato per una somma che si aggira sui 15mila euro. Nella sua stessa posizione ci sono anche Pier Paolo Piccaluga e Carlo Calabrese del Sant’Orsola di Bologna, compensati con un impianto hi-fi mentre a Piccaluga sarebbero andati un computer portatile e rimborsi spese per viaggi e partecipazioni a congressi. Ma il vero “motore” della truffa, secondo la ricostruzione dei Nas, sarebbero l’informatore scientifico Daniele Naldi e i farmacisti, mentre per il momento non sarebbe stata ancora accertata una connessione diretta tra medici e farmacisti, con la conseguente spartizione del denaro ricavato dal rimborso dei medicinali che risultavano venduti sulla base delle false ricette. Quel che è certo, per quanto riguarda Rimini, è che le ricette non venivano utilizzate nelle farmacie locali ma finivano a Bologna o Ravenna. Gli inquirenti ritengono di aver raggiunto invece la prova di contatti diretti intercorsi tra Naldi e i medici e tra lui e i farmacisti. Elementi acquisiti grazie all’ascolto di intercettazioni e di dialoghi talvolta molto criptici. C’è poi un altro aspetto sul quale il pm bolognese Enrico Cieri vuole presto portare chiarezza. E’ l’utilizzo allegro che sarebbe stato fatto delle liste degli ignari pazienti, violando dati sensibili e il diritto alla privacy di ogni ammalato.
L’Ausl di Bologna ha prontamente manifestato l’intenzione di costituirsi parte civile nell’eventuale processo relativo all’inchiesta Farmamarket, quella di Rimini invece è rimasta più attendista, esprimendo "forte preoccupazione" e semplicemente riservandosi "eventuali appropriate azioni" a propria tutela.