L’ANIS ha chiesto un incontro alla Segreteria di Stato. E il 3 settembre il ‘Made in’ finisce sul tavolo del Consiglio dei Ministri
I piccoli buchi del salvagente del “Made in Italy” sono stati vulcanizzati: l’Agenzia delle Dogane, nei giorni scorsi, ha emanato due note per porre rimedio alla mancanza, nell’art. 17, della legge 99/2009, di un periodo transitorio per l’entrata in vigore delle nuove disposizioni a tutela del “Made in”.
La nota n. 110635 precisa infatti che per le merci in viaggio alla data del 15 agosto si farà riferimento ai documenti di trasporto che le accompagnano. La nota n. 111601 invece chiarisce che le disposizioni dell’art. 17 non si applicano anche con riguardo a quelle merci cui è stato apposto il marchio italiano prima del 15 agosto e a quelle che si trovavano in giacenza prima di tale data (ad esempio all’interno di depositi o magazzini), in attesa di spedizione verso l’Italia, se il dichiarante presenta un’autocertificazione dalla quale si evinca che prima del 15 agosto 2009 la merce in oggetto era già stata fabbricata/prodotta, e che su di essa era già stato apposto il marchio italiano (autocertificazione soggetta a eventuale controllo successivo da parte delle stesse dogane).
La disposizione provoca una vera e propria discriminazione delle produzioni nazionali rispetto ad altre produzioni comunitarie. Le aziende stabilite negli altri Stati membri che hanno delocalizzato e fabbricano i propri prodotti in Paesi terzi, infatti, non sono soggette attualmente ad alcun obbligo di indicazione del luogo di fabbricazione o produzione delle merci nel momento in cui le rivendono nei rispettivi territori. Qualora intendano importarle in Italia, esse continueranno a non essere soggette a tale obbligo. L’art. 17 comma 4 ha ampliato l’ambito della condotta rientrante nella “fallace indicazione di provenienza di prodotti” includendovi “l’uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine senza l’indicazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera” e prevedendo anche che “ le false e fallaci indicazioni di provenienza o di origine non possono comunque essere regolarizzate quando i prodotti o le merci siano stati già immessi in libera pratica”.
Un dedalo complicato, che forse verrà reso più leggibile e trasparente dopo il Consiglio dei Ministri del 3 settembre.
CONFARTIGIANATO
“Finalmente una legge contro i falsi made in Italy che tutela la qualità del ‘saper fare’ delle nostre imprese e consente di informare correttamente i consumatori sulla provenienza delle merci, evitando che prodotti realizzati interamente all’estero da aziende italiane siano messi in circolazione nel nostro Paese con l’indicazione made in Italy”. Il Presidente di Confartigianato, Giorgio Guerrini, apprezza il provvedimento che “ha fortemente innovato la disciplina anticontraffazione, prevedendo che costituisca fallace indicazione, ingannevole per il consumatore, l’uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell’Italia senza l’indicazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione”.
SAN MARINO
L’ANIS ha chiesto un incontro alla Segreteria di Stato competente per avere alcuni chiarimenti. La legge 99/2009 introduce il divieto di richiedere la regolarizzazione della merce importata se questa si trova già in libera pratica.
Anche questo nuovo divieto creerà non pochi problemi interpretativi, poiché non è chiaro se questo divieto operi dopo l’accettazione della dichiarazione doganale di immissione in libera pratica e prima dello svincolo (quindi nel caso tipico in cui è effettuata una visita doganale ed è contestata la fallace indicazione, prima dello svincolo), o se questo divieto opera in caso di contestazione della fallace indicazione che ha luogo in un momento successivo allo svincolo doganale ed all’uscita della merce dagli spazi doganali. Un’altra novità introdotta dalla legge – in materia di marchi di origine/provenienza – è l’inasprimento della sanzioni penali previste dall’articolo 517 del codice penale, che ora prevede la reclusione fino a due anni più multa fino ad 20.000 euro.
Alessandro Carli