Intervista della scrittrice Simona B. Lenic all’autore e cantautore Roberto Vecchioni: “La mia è una fede picchiata: non è di quelle piccine, da catechismo”
È incredibile quante persone ci possano essere dentro un solo nome. Roberto Vecchioni è un grandissimo cantautore. Un professore che racconta la sua immensa cultura con la delicatezza dei poeti. Ed è anche uno scrittore. Non è uno del mondo dello spettacolo che s’improvvisa narratore. No, lui sa scrivere davvero, e non solo canzoni. Ho avuto il piacere di intervistarlo e presentare con lui il suo “Scacco a Dio” (Einaudi).
“In questo libro Dio è depresso perché non capisce più gli uomini – racconta Roberto Vecchioni – Ha creato un Disegno per renderli felici ma loro lo rifiutano, vogliono essere altro, così allontanano la felicità. Dio allora interroga l’angelo Teliqalipukt, che ha vissuto con gli uomini e può riferire le storie di grandi personaggi come Oscar Wilde, Jfk, Catullo in una chiave per noi inaspettata. Ho reinventato le esistenze di questi uomini per raccontare che ci sono infinite possibilità di vita. Si può fare altro da quello che facciamo ogni giorno, andare oltre noi stessi, dipende da cosa scegliamo. Noi non siamo la domenica, il riposo, la quiete. Noi siamo il sabato, l’attesa, la preparazione, il darci da fare per il giorno di festa”.
Vecchioni racconta in modo semplice meccanismi sofisticati come il caso o la fede.
“La mia non è una fede piccina, imparata al catechismo. È una fede che è stata picchiata. Per quanto sembri una contraddizione sono un laico credente. Per me l’esistenza di Dio è provata dal Caso: questo qualcosa che sfugge alla legge di Causa-Effetto mi fa credere che esista Qualcuno di più grande. Anche nelle situazioni più drammatiche. L’ho provato quando mio figlio si è ammalato e mi chiedevo perché proprio lui. In questo momento di disperazione la mia famiglia si è riavvicinata, io mi sono innamorato di nuovo di mia moglie e lei di me: dal dolore è nato qualcosa di grande. Non posso sapere perché accadano certe cose, quello che mi è dato di vedere è solo un segmento di una retta infinita a me invisibile. Ma non vivo questa esistenza come un passaggio in attesa dell’al di là perché lo scopo è vivere qui e ora, giocarcela al meglio: lacrime e sudore hanno un valore enorme”.
Nell’angelo Teliq – che ha il compito di insegnare chi sono gli uomini ai piccoli immortali – sembra di rivedere un po’ il professor Vecchioni.
“A Teliq manca l’insegnamento, proprio come a me. Io cercavo di insegnare non solo a riconoscere un aoristo o un perfetto latino ma perché nel 2000, nell’era dell’inglese e di internet, studiare le lingue antiche aveva ancora senso: perché raccontano la meraviglia della parola, il suo importantissimo valore, che rischia di andare perduto. Spesso i ragazzi non sanno parlare, esprimersi. La poesia ha una potenza e una grandezza che non sta in un sms”.
I ragazzi vanno seguiti sin da bambini, e non solo dagli insegnanti.
“Quando stai da solo puoi fare quello che vuoi e pensare solo a te. Se stai con una persona, devi accettare che sei al 50%. E se nasce un figlio diventi al 25%. Non puoi fare un figlio e fare il dentista 12 ore al giorno. Entreranno meno soldi, ma lavorare fino a mezzanotte non è una questione di denaro ma di potere e questo è molto maschile: se non siamo qualcuno non siamo maschi. Ho detto no a tanti contratti per stare con la mia famiglia e non mi pento, perché solo così oggi posso dire di essere contento”.
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