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Finanza e diritti umani

da Redazione
La finanza globalizzata corre veloce nei mercati, disinteressandosi delle giurisdizioni nazionali. Servirebbe un rating per i fondi sovrani.

 
Servirebbe un rating per i fondi sovrani
La finanza globalizzata corre veloce nei mercati, disinteressandosi delle giurisdizioni nazionali. È un bene per lo sviluppo dell’economia, ma è anche fonte di preoccupazione perché ogni tanto qualcosa sfugge di mano e bisogna pensare a un nuovo ordine internazionale. Proprio perché nella vita di tutti i giorni ci dobbiamo confrontare con questo fenomeno, è inevitabile chiedersi se si debba guardare ai suoi effetti soltanto con l’occhio economico (chi ci guadagna e chi ci perde) oppure si debba utilizzare una chiave di lettura diversa, che tenga conto anche di altri valori: quelli della convivenza civile, del rispetto dei diritti umani e, alla fine, della democrazia. Non sono certo valori di moda in questo momento, tuttavia, chiedersi non solo quanti sono, ma anche da dove viene il denaro può essere un salutare esercizio di coscienza.
Oggi molti soldi vengono dai fondi sovrani, benedetti quando immettono liquidità in qualche pericolante banca internazionale, osteggiati con spinte protezionistiche nel timore che invadano le economie occidentali.
La maggior parte dei Sovereign Wealth Funds sono posseduti da governi che non brillano nel campo del rispetto dei diritti umani, campioni di una finanza gestita da mani poco pulite.
Il rischio immediato è che in situazioni di poca trasparenza, siano esportati fenomeni come il riciclaggio e la corruzione, facili quando il gestore pubblico agisce senza le verifiche tipiche di un paese dove funzionano le istituzioni democratiche.
Il rischio più lontano, ma più insidioso, è che si esporti una cultura per la quale la finanza deve essere indifferente a quanto le succede intorno.
Se il primo rischio può essere fronteggiato con gli standard internazionali, più difficile è pensare al secondo evitando generalizzazioni: ad esempio uno dei fondi sovrani più ricchi è norvegese e si distingue per una politica degli investimenti attenta alle valenze etiche.
Una proposta riguarda l’elaborazione sul mercato finanziario di un sistema di rating, secondo criteri già esistenti in campo internazionale, che oltre a quelli tradizionale, relativi alla solidità e qualità degli operatori, verifichi le performance sui diritti umani dei governi proprietari dei fondi. Sarebbe soltanto un primo piccolo ma importante passo avanti.

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