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Scudo fiscale alle porte della Repubblica

da Redazione

 

Sul provvedimento di amnistia sono ancora molti i dubbi interpretativi. Accordi con l’Italia e l’esame del Moneyval potrebbero fa ben sperare.

 
 
di Saverio Mercadante
 
Sembra di sentirli al bar mentre sorseggiano il cappuccino: “Scusa, ma tu, scudi?”. “Ah, non lo so. Ma sai che ti dico? Scudiamo insieme? ”. Sarà anche molto complicato, come dicono gli esperti, scudare, il neologismo più frequentato del momento sulle pagine finanziarie dei giornali, cioè il far ricorso allo scudo fiscale-ter, ma è certo che lo stato italiano si stia attrezzando per far rientrare il maggior numero possibile di capitali.
“Farebbe bene a pensarci due volte chi fosse tentato di snobbare lo scudo fiscale per il rimpatrio dei capitali all’estero. Ieri infatti è spuntata in Parlamento una particolare novità che potrebbe spingere anche i più recalcitranti ad aderire all’operazione: il Fisco avrà, maggiori poteri di accertamento. E verso l’Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza non potranno più esserci segreti: gli ispettori infatti potranno accedere a tutti dossier a carico di un’azienda o società, anche in caso di istruttorie preliminari da parte di una qualsiasi delle autorità di vigilanza o di un ente pubblico. E il contenuto dell’emendamento firmato dai relatori al decreto legge anticrisi, lo stesso della Tremonti-ter ”, scriveva qualche giorno fa Franco Adriano di Milano Finanza. In soldoni, come specifica Roberto Petrini su La Repubblica, “la Guardia di Finanza potrà dare la caccia agli evasori anche oltrepassando i portoni della Banca d’Italia, della Consob e dell’lsvap”.
Il Segretario di Stato Gatti fa il suo mestiere e rilascia dichiarazioni dove di fatto dice: calma e gesso.
“Lo scudo fiscale non arriva inaspettato. Ci preoccupa come è naturale che sia. Stiamo lavorando con Banca centrale da diversi mesi”. D’altronde la situazione è ancora non chiarissima: è abbastanza difficile prevedere a tutt’oggi il reale effetto del provvedimento italiano sul sistema sammarinese, e secondo Gatti, avranno il loro peso anche la firma degli accordi con l’Italia e l’esame del Moneyval a settembre. Intanto all’inizio della settimana il pacchetto delle leggi Moneyval è passato in Consiglio Grande e Generale.
 
Attività detenute all’estero
e nei Paesi extra-Ue
E’ previsto nel provvedimento italiano il rimpatrio d’obbligo per le attività detenute in paesi extra Ue, come San Marino. Per l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali in analogia con lo scudo del 2001, secondo un’analisi del Sole 24 ore sono quindi interessate: le somme di denaro; le altre attività finanziarie quali azioni quotate e non quotate, le quote di società non rappresentate da titoli; i titoli obbligazionari;i certificati di massa; le quote di partecipazione a organismi di investimento collettivo, indipendentemente dalla residenza del soggetto emittente; gli immobili; le quote di diritti reali; le multiproprietà gli oggetti preziosi; le opere d’arte. Per quanto concerne gli immobili detenuti all’estero, è evidente che il contribuente potrà esperire unicamente la procedura di regolarizzazione, e quindi sembrano sanabili solo le situazioni relative a paesi Ue. 
Se invece le attività sono al di fuori dell’Unione europea, l’unica modalità prevista è quella del rimpatrio. Si tratta della misura di contrasto più drastica ai paradisi fiscali, afferma il Sole 24 ore, per il fatto che impone lo spostamento fisico delle attività e il loro rientro nel territorio dello Stato. Con il rimpatrio, i soggetti interessati alla procedura di emersione possono far rientrare in Italia, attraverso gli intermediari, il denaro e le attività di natura finanziaria detenute all’estero. Si tratta in ogni caso dell’unica modalità possibile per sanare le posizioni relativi a paesi che non appartengono all’Unione europea.
Per quanto concerne gli immobili detenuti da cittadini italiani in Paesi extra UE, come San Marino, sembra che il decreto non dia indicazioni ancora molto precise. Da una parte, c’è chi sostiene che sono da chiarire le modalità del rimpatrio d’obbligo per le attività patrimoniali (case, ville, appartamenti di lusso soprattutto). Dall’altra, c’è chi sostiene che gli immobili locati o tenuti a disposizione non potendo essere oggetto di regolarizzazione, potranno accedere alla sanatoria solo mediante rimpatrio, con una “monetizzazione” dell’investimento. A parte il fatto che potrebbe essere molto svantaggiosa in una fase di sgonfiamento della bolla immobiliare, sembra che l’unica scelta possibile sia quella di vendere l’immobile e “sanare la violazione mediante il rimpatrio del corrispettivo ottenuto”, la cosiddetta liquidità scudata.
E allora: essere o non essere scudati? Intanto come dicevamo sarà complesso e in alcuni anche casi sarà molto costoso il rimpatrio obbligatorio dai paesi extra UE come San Marino: oltre quella aliquota del 5%, specialmente per la liquidazione delle attività finanziarie. Conviene allora smantellare il portafoglio titoli? Per Zeno D’Acquarone, presidente della società di consulenza Advin partners, intervistato dal Sole 24 ore, gli investimenti in strumenti non fiscalmente armonizzati in Italia come alcuni hedge fund o fondi di diritto non italiano, e gli acquisti di prodotti illiquidi senza un buon prezzo di mercato come le obbligazioni strutturate possono rivelarsi un problema al momento del rimpatrio. Altro ostacolo sono gli investimenti ‘captive’. “Chi ha un portafoglio titoli in un Paese extra Ue presso l’intermediario estero dovrà fare un’analisi puntuale e tempestiva per calcolare se può ‘smontare’ le posizioni in maniera non troppo onerosa ai fini del rimpatrio – è l’avvertimento di Luca Valdameri dello Studio Pirola Pennuto Zei & Associati”. “Alcuni hedge fund – continua – non consentono il riscatto prima di tre o sei mesi, mentre vi sono prodotti strutturati oppure polizze assicurative che impongono penali molto elevate nel caso di riscatti prima di due o tre anni. Insomma, se l’aliquota al 5% dello scudo-ter appare alla portata, perché non punitiva, sommata a penali varie potrebbe in questi casi specifici diventare proibitiva”. Ultima annotazione: dopo la fotografia del patrimonio all’estero per scoprire quali capitali si possono continuare a tenere oltreconfine e quali no, l’aspirante scudato, se ha un vecchio un vecchio conto corrente aperto presso una banca in Francia, Germania o Inghilterra non dovrà essere chiuso: la chiusura è imposta invece se è a San Marino.
 
Gli altri scudi: ecco cos’è accaduto finora nel resto del mondo
Ecco un rapido panorama del gettito complessivo in euro negli anni scorsi in alcuni Paesi che hanno varato lo scudo fiscale.
In Italia, incassati 2.097 milioni di euro negli anni 2001, 2002 e 2003. Era la prima amnistia fiscale al mondo. L’imposta era del 2,5%.
Negli Stati Uniti d’America nel 2003 il gettito fu di soli 197 milioni di euro. Era previsto il pagamento di tutte le tasse e gli interessi, ma si evitavano conseguenze penali: aderirono solo 1.300 persone. In Germania nel 2004 incassati 901 milioni. Per i capitali rimpatriati nel 2004 l’imposta era del 25% che saliva al 35% per le regolarizzazioni successive. In Portogallo l’aliquota era del 5% (2,5% se si reinvestiva in titoli di Stato) ma erano esclusi i Paesi non cooperanti. Gettito 41 milioni di euro.
Sempre nel 2004, in Belgio il gettito fu di 496 milioni. Era prevista un’imposta fissa del 9 per cento che scendeva al 6 per cento per i capitali reinvestiti. In previsione c’era un gettito di 850 milioni.
In Russia nel 207 gettito di 105 milioni. L’aliquota era al 13% e nono erano previste sanzioni, né civili né penali.
 

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