Il piano industriale del Gruppo avrà ricadute anche sul Titano. “Sul monte manterremo le produzioni a valore aggiunto”
Trenta milioni di euro, spalmati in tre anni, per creare una struttura che massimizzi le sinergie tra le aziende del Gruppo. E’ questo uno dei passaggi-chiave del business plan – il documento che illustra in termini qualitativi e quantitativi le intenzioni del management relative alle strategie competitive dell’azienda – stilato dal Gruppo SCM.
Il piano industriale prevede di rinnovare tutti i comparti aziendali, dagli aspetti più strettamente industriali (creazione di un nuovo polo tecnologico avanzato per la componentistica, nuovi macchinari, rinnovo dei capannoni, investimenti in nuova tecnologia), a quelli di prodotto (per rinnovare la gamma di offerta aumentando la competitività nelle fasce più basse ed estendendo l’offerta sulle fasce di mercato più alte), a quelli commerciali (investimenti sulle reti di vendita, rinnovo delle filiali commerciali estere, ingresso in nuovi mercati di sbocco), a quelli dei servizi comuni (logistica, acquisti, amministrazione).
Anche SCM, leader mondiale nella produzione macchine per la lavorazione del legno, ha subito la flessione che ha coinvolto il settore: nell’ultimo trimestre del 2008 la riduzione media degli ordini è scesa del 45%, divenuta del 60% nei primi cinque mesi del 2009.
Qualsiasi azienda che debba affrontare una riduzione degli ordini del 60% rischia di sparire se non interviene immediatamente su due fronti: ridurre nell’immediato i costi e riorganizzare l’azienda in modo da esser più bravi degli altri che operano sullo stesso mercato.
Ridurre i costi è obbligatorio. Una riduzione del 60% degli ordini è un fatto concreto e disastroso che minaccia l’esistenza stessa dell’azienda.
PIANO INDUSTRIALE
Per SCM, che è cresciuta soprattutto per acquisizioni di altre aziende, il piano industriale è più difficile, ma offre anche maggiori opportunità. Il Gruppo soffre infatti di inefficienze strutturali, per via di un assetto organizzativo fram-mentato (frutto delle numerose acquisizioni), che penalizza la competitività. Il piano, allo studio della Direzione, mira al consolidamento di tutte le aziende che fanno capo al Gruppo operanti nel settore del legno, per aumentare la produttività e, quindi, sostenere ed incrementare le quote di mercato.
“Per quel che concerne le aziende sammarinesi del Gruppo – spiega il direttore generale Stefano Monetini – prevediamo una certa stabilità occupazionale. Per affrontare la crisi SCM metterà in campo alcune strategie, che porteranno sul Titano alcune produzioni a maggior valore aggiunto. La meccanica di base verrà invece trasferita fuori dal confine della Repubblica. San Marino quindi sarà impegnata nel settore logistico, anche in prospettiva futura: il Gruppo infatti intende centralizzare proprio sul Titano le attività del magazzino della spedizioni ricambi, che oggi sono sparse nelle filiali europee. Questo per compensare la riduzione che coinvolgerà Steelmec”.
IMPATTO SOCIALE
Una ristrutturazione societaria di tale portata, in circostanze normali, comporterebbe come strumento coerente l’apertura di una procedura di mobilità per gli esuberi strutturali dovuti al piano industriale. In aggiunta a questa, occorrerebbe anche aprire la CIG/Ordinaria per compensare gli esuberi congiunturali legati alla crisi del mercato.
Al fine di governare al meglio entrambi i fenomeni, SCM intende percorrere una strada a minore impatto sociale, rappresentata dalla CIG/Straordinaria. La gestione della CIG/S si articolerà in 3 modalità: riduzione di orario di lavoro settimanale; rotazione mensile tra i lavoratori; zero ore settimanali.
Nella proposta presentata si immagina, per i primi due punti, una riduzione di orario di lavoro equivalente a circa due giorni a settimana, oltre la quale, ritiene SCM, si entra in una disefficienza globale del sistema.
Alessandro Carli