Pur rispettando i diritti del lavoratore la normativa italiana è meno rigida. In Europa tetto di 48 ore settimanali, sul Titano domina la contrattazione.
“I regimi di orario devono essere coerenti con le esigenze delle imprese in termini tecnico-organizzativi”. Abbiamo deciso di iniziare il discorso sullo stallo della trattativa del tavolo tripartito citando non a caso questa frase che non è stata rispolverata da documenti di contrattazione del XIX secolo, ma è estrapolata dalla premessa di un contratto italiano attualmente in vigore, quello dei chimici, per la precisione. L’abbiamo citata perché il tavolo tripartito è stato voluto dal Governo per coinvolgere le organizzazioni dei datori di lavoro e la Centrale Sindacale Unitaria in un progetto che guardi realmente in una prospettiva più ampia, e che invece, sta correndo seriamente il rischio di impaludarsi. La citazione che abbiamo fatto è emblematica di ciò che, molto semplicemente, le imprese sammarinesi chiedono per poter uscire da questa crisi e, da qui in avanti, per essere messe finalmente in grado di competere ad armi pari con i concorrenti italiani: una maggiore considerazione delle proprie esigenze, delle realtà dei mercati internazionali che non stanno certo ad aspettare. Il tutto naturalmente nel massimo rispetto delle conquiste sociali – patrimonio non solo dei lavoratori ma di un’intera nazione – e nel quadro di quanto avviene nei paesi europei, a partire dall’Italia dove si trovano i principali competitor delle imprese sammarinesi.
IL TAVOLO TRIPARTITO: DOVE SI È INCAGLIATO
Lo abbiamo anticipato la scorsa settimana, lo ripetiamo oggi dopo due incontri promossi dalle Segreterie di Stato competenti – in particolare uno che voleva essere risolutivo – finiti con un nulla di fatto, e dopo che l’attivo dei quadri della Centrale Sindacale Unitaria ha indetto la fase di mobilitazione, minacciando anche il ricorso a “iniziative più incisive di lotta sindacale”. La CSU ha posto il veto su tre punti principali: la cifra percentuale proposta dal Governo per gli aumenti dei contratti di lavoro da rinnovare, gli interventi per salvaguardare le condizioni economiche delle famiglie sammarinesi e le misure per rilanciare le imprese e l’economia. In particolare è stato puntato il dito sulla richiesta di una maggiore flessibilità degli orari, considerata dagli imprenditori uno strumento importante per riuscire a pianificare al meglio il lavoro, mentre per il sindacato, citiamo testualmente, “cancellerebbe una conquista ottenuta dopo decenni di lotta sindacale”. Accenniamo due cose riguardo la cosiddetta flessibilità: le questioni legate agli orari di lavoro sono sviscerate ampiamente nel servizio qui a fianco. Le associazioni di categoria chiedono, partendo dalle 37,5 ore settimanali previste dal contratto, di poter pianificare – in anticipo e con motivate ragioni – gli orari di lavoro con una flessibilità massima di 5 ore settimanali, in più e ovviamente in meno (per un massimo di 42,5 ore contro le 48 in Italia e in Europa), calcolando semplicemente la media su tempi plurisettimanali. Il sindacato risponde che la flessibilità esiste già sul piano contrattuale con un pacchetto di 36 ore annue, e che il sindacato è sempre stato disponibile, laddove è un’esigenza motivata, a concordare le modalità. Le associazioni di lavoro replicano che a San Marino il lavoro “flessibile” non solo è maggiormente retribuito (+10% come base di partenza) ma che la disponibilità offerta dai sindacati porta con sé tutta una serie di contrattazioni che vanno da una maggiore pretesa economica a aumenti di livello… insomma, non se ne esce. Per quanto riguarda le misure sociali, il sindacato chiede al Governo di provvedere al blocco delle tariffe almeno per un biennio e di dare il vita ad ulteriori iniziative. E poi c’è il nodo relativo agli aumenti contrattuali. La proposta del Governo (1,5%) è stata bocciata dal sindacato che la reputa insufficiente (“non copre neanche l’inflazione prevista per il 2009 e 2010”) ed è concettualmente ingiusta per le associazioni di categoria, dato che la vera emergenza oggi non sono gli aumenti retributivi quanto la salvaguardia dei posti di lavoro, messi a rischio non solo dalla crisi internazionale ma soprattutto dai limiti strutturali del sistema sammarinese”. La trattativa, insomma, è ancora ben lontana da una possibile soluzione. La certezza è che se qualcuno farà fallire i lavori del tavolo tripartito per portare avanti a oltranza le proprie rivendicazioni, si assumerà una gravissima responsabilità davanti al Paese.
Loris Pironi